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Ai. Una storia che si ripete. Intelligenza artificiale sul banco degli imputati!




fumetti digitali con AI
Antonio Edoardo Marazita

Il dibattito sulle intelligenze artificiali ha ormai preso tutto lo spazio di discussione. Non c’è social o giornale o video che non proponga nella stessa misura, argomenti a favore e altrettanti elementi in totale opposizione. L’argomento però credo abbia un centro di discussione sbagliato. Si parla sempre del fatto che l’intelligenza artificiale sostituisca il lavoro delle persone. Si dice che non vi sia creatività nel lavoro delle AI. Il termine stesso “creatività” viene messo in discussione e sul tavolo dei confronti piovono le più disparate definizioni. Alla fine, nessuno è in grado di fornire definitivamente un significato al di là di ogni dubbio.

Una volta ho letto o forse ascoltato una frase: la creatività si esprime con gli strumenti che ha a disposizione”. Di questo concetto ho fatto la mia visione. Perché in effetti mi sembra del tutto ragionevole, guardando al passato, dal più recente al più remoto, che di fatto sia proprio così. Dalle pareti delle grotte, sulle quali sono apparsi i disegni tracciati con rudimentali inchiostri ricavati da non saprei dire quali materiali, alle scritture sui papiri, e poi sulle carte, e poi dalla pittura sulle pale di legno alle tele, e poi la fotografia analogica e quindi quella digitale… è sempre la stessa tediosa replica di concetti che si ripetono, decennio dopo decennio, rivoluzione tecnica dopo rivoluzione. Il trattore contro la zappa, la macchina contro l’uomo. Ora è il turno delle AI. I discorsi sono esattamente quelli. Chi è a fare il lavoro? Dov’è la creatività?

Partiamo dal presupposto che il funzionamento delle AI si fonda sulla capacità dell’utente di fornire alla macchina un Prompt (testo descrizione), in grado di contenere con efficienza ed efficacia le linee guida per la creazione dell’immagine, o del testo… Seguiamo per un attimo il ragionamento. Il prompt altro non è che una forma grafica di “comando” in formato “testo”. Ma qualunque computer traduce in ogni modo un testo in codice numerico del tipo “10101010001”.  Anche quando usiamo un software come questo che uso per scrivere questo articolo, sebbene io veda lettere e parole, so bene che il codice macchina sta scrivendo “10010110101011”.  E quando uso Photoshop? L’interfaccia non usa testo ma grafica in forma di pulsanti, cursori, simboli animati… che come per il testo, traducono la loro funzione comando con altrettanti “10001100101”. Tirò un po’ in là il cursore della luminosità e la mia immagine si accende di luce o cala nell’ombra. Muovo un cursore sulla barra dei colori e aumento la tonalità di rosso… o ancora, uso un puntatore a forma di pennello per aggiungere un tocco di giallo… sempre con una macchina che codifica una serie di “1010101”. Dov’è allora la differenza tra ciò che fa un comando testo e ciò che fa la barra della luminosità. In fin dei conti in un caso e nell’altro è come se stessi dicendo a qualcuno accanto a me: abbassa la luce, o disegna un cavallo.



Digital art
Antonio Edoardo Marazita

Già ma io non dico a Photoshop, “disegna una casa”. Speravo di non dovere spostare indietro la faccenda. Allora diciamo che prima di usare Photoshop, io con la mia fedele reflex scatto la foto di una casa. Sapete che anche in quel caso “si vede la casa” ma il suo matrix è “1010101”? Almeno di questo siamo consapevoli?

Si! Ma sono io che ho scelto quella casa con quella prospettiva! Ottimo, in altre parole “sono io che ho scelto tra tutte le case disponibili, quella in particolare”. Uso cioè qualcosa che esiste! Perché allora condanniamo l’Ai quando “usa ciò che esiste” per creare quello di cui io ho bisogno?

Il cervello umano è un enorme contenitore di esperienze che si combinano creando scelte. In qualunque momento usiamo la nostra raffinata logica, estraiamo dal cassetto riferimenti a stili, pensieri, immagini, suoni, canzoni, poesie, quadri e film e fotografie, e storie e niente di tutto questo è stato creato da noi dal nulla! Noi “rubiamo” continuamente pensieri altrui per crearne di nostri che però pretendiamo siano “originali”. Però non sono originali. Non nel senso più preciso del termine. Hanno uno stile. Si. Certo. Proprio come se ora io e voi ci cimentassimo nella creazione di un soggetto specifico come potrebbe essere “una giornata al mare”. Se organizzassimo il prompt seguendo il nostro gusto e la nostra idea di “una giornata al mare” , alla fine avremmo la mia e la vostra visione del tema.

Che poi è la stessa cosa che se entrambi scattassimo con una reflex, la nostra idea di una giornata la mare. Che poi è la stessa cosa se potessimo disegnarla, tramite altri strumenti, come il pennello. E qui sento che qualcuno invoca “obiezione vostro onore”. Il pennello viene sapientemente usato dalla mano di un pittore capace! Ma “vostro onore”, nessuno qui imputa la bravura del pittore al pennello! Il punto è: quella persona che strumento ha usato per giungere al concetto finale e all’obiettivo “racconta una giornata al mare”?  Cos’è l’opera? E’ solo il suo output? Cioè lo strumento dell’ultimo atto che la consegna alla storia? Se è così allora eliminiamo ogni software di creazione digitale, a partire anche dai software di scrittura! Non è mica la penna dello scrittore a tracciare i segni su word! Se invece l’opera è ingegno e idea, e visione… allora non dovremmo considerare quale strumento l’autore abbia usato.



Tacchino seduto alla tv
Antonio Edoardo Marazita

E se questo vale per le immagini allora dovrebbe valere anche per la musica? Quella apparentemente “non suonata” dai deejay e dalle consolle digitali! Chi produce quel suono? La campionatura di melodie che con i primi sintetizzatori ha costituito il dibattito su “musica suonata”  o “musica digitale”… è sempre la stessa storia che si ripete…

Tutto ciò, detto, non vuole in alcun modo mettere sullo stesso piano la mano di Caravaggio e le mie dita sulla tastiera! La discussione non è se “l’uno o l’altro” ma “entrambi in quali contesti”. Non è con questo post che si possono fugare dubbi e prendere una netta posizione più autorevole di altre. Il dibattito sarà ancora lungo, come lungo è stato il dibattito sul digitale, e solo più avanti scopriremo quanto è profonda la tana del Bianconiglio! Questa è solo l’opinione di una persona qualunque, quale io sono, un operatore nel settore della creatività e della comunicazione, che vede l’AI come una possibile alleata e non come “l’ombra venuta da est” (o da ovest… fate voi).  

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