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  • Immagine del redattoreEdoardo Marazita

Bravo te che te ne sei andato! Quando lavoro: è "partire per altrove".

Hai fatto bene tu…che te ne sei andato!

 



Partire altrove.
Antonio Edoardo Marazita

Su questo social si parla di lavoro. Parliamo di come condurre le aziende, di innovazione, di traguardi, successi e anche di come si vivono i fallimenti. Leggo con interesse di modelli di business, traggo spunti e importanti lezioni sul mondo del lavoro e fare impresa. Non mancano le news politiche, i dibattiti aperti sulle tendenze. Tanta gente al lavoro dunque.

Ma, per una volta, voglio parlare del “silenzioso dolore” che accompagna quotidianamente quanti, per lavoro, hanno lasciato casa e la loro terra, e sebbene abbiano trovato fortuna, amore, famiglia, altrove, una parte di loro, resta irrimediabilmente vuota. Il lavoro altrove dunque. Ecco. Magari ci faremo anche una o due risate, soprattutto se siete del sud come me e potrete meglio “assaporare” qualche frase tipica della circostanza.

La cosa che mi capita spesso di ascoltare, quando incontro durante le vacanze, qualche vecchia conoscenza, con la quale per circostanze della vita magari ho perso i contatti, è quel vecchio adagio “tu sopra stai no?” Cominciamo da questo. “sopra” . Il nord sta sempre sopra! E l’alto si sa, è meglio che il basso! In effetti si continua con “hai fatto bene. Qua sotto a noi, non si muove niente… la sopra da voi invece…” Sotto”, “sopra”. È endemica la rassegnazione meridionale alla dominazione. Secoli di storia di dominazioni hanno costruito un tessuto genetico che riconosce come fisiologicamente innata, la rassegnazione allo “stare sotto”. Si, grazie alle nuove generazioni, il lavoro di “emersione” dei valori storico culturali del sud, avanza con qualche successo, ma per un osservatore “distante” che abbia uno sguardo oggettivo, non coinvolto, appaiono subito come piccole onde in superficie, mentre sotto … la marea sembra sempre la stessa. E quindi ecco che freudianamente, senza accorgersi neppure di dirlo, si dichiara: “qua sotto non si può fare niente…”. Niente si evolve. E allora ecco la seconda connessione: “hai fatto bene che te ne sei andato!”. E no! Quel “te ne sei andato” è un’arringa alla coorte. E’ una richiesta di condanna neppure tanto velata. “te ne sei andato”. E allora il concetto sarebbe “tanti come te se ne sono andati, motivo per cui qui non si può fare niente.”.  Al rovescio, “siccome qua sotto non si può fare niente, tanti come te se nono andati”. Il senso di colpa è meridionale! Non c’è nulla da fare. Atavico rimorso per qualunque cosa riguardi la vita. La vita del meridionale è rimorso. Anche quello dell’essere “andati via”.

 

Ma voglio dire una cosa. Non condivido il concetto di “essere andato via”, suona come essere scappati. Attenzione. Se uno fugge da qualcosa, il luogo verso il quale si dirige è quello che ritiene più sicuro. E non c’è luogo più sicuro che la propria casa. Chi lascia la propria casa non fugge. Si allontana mestamente. Lancia ogni tanto uno sguardo a quello che lentamente scorre dietro le sue spalle, fino a quando non ha neppure più il coraggio di voltarsi. Ogni partenza è un distacco potente, brilla negli abbracci di genitori e fratelli e sorelle che trattengono l’emozione. Si veste tutto di “ci vediamo a Natale” come se fosse la prossima settimana. I giorni successivi si animano solo di voci al telefono, di veloci resoconti serali, di bugie dette per “non volevamo farti preoccupare”. 

Qualcuno degli “scappati” è sicuramente riuscito a costruire la propria vita, lontano dalle sue radici famigliari. Diciamo pure senza tanti giri di parole, che più o meno, ci sono riusciti tutti. Tutti quelli che hanno voluto qualcosa di più di quello che avevano perché non è certo disabitato il sud! Qualcuno ci resta. Ma se si vuole qualcosa di più per sé, per i propri figli, il sacrificio più grande che bisogna fare è senza dubbio quello di “strappare” il tessuto del tempo con la propria di famiglia. “lacerare” la dimensione della memoria e vivere di frammenti estivi durante qualche passeggiata per le vie del paese. Un angolo che ci ricorda dove giocavamo. Una piazzetta della quale sono rimaste giusto due panchine mentre il resto è corredato da modernissime opere architettoniche di illustri sconosciuti! Supermercati dove c’erano i campi. Nuovi vicini di casa. Tutto dice che “te ne sei andato”. E profondamente non ci sta bene! Ci offende quasi, che ci abbiano tolto il diritto di ritornare sui nostri luoghi. Non è giusto! O lo è! Perché se lo dicessimo sul serio, gli sguardi di quanti sono rimasti, spiegherebbero meglio di qualunque cosa, l’enorme distanza tra ciò che siamo e quello che eravamo.

Si. Il lavoro l’avremo anche trovato altrove, e onestamente ringrazio quell’altrove. Ma un pezzo di noi, fermo lì, dove nessun successo professionale arriva, resta, eternamente in attesa di un treno, perennemente alla fonda, senza partire mai, senza giungere realmente mai.

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